Silvio & c "lasciatelo governare: si distruggerà da solo" (montanelli)

la profezia si avverra 12/11/2011 ore 21.41







da"il fatto quotidiano" 19/09/11

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'Il nostro cuore gronda sangue, era un vanto del governo non avere mai messo le mani nelle tasche degli italiani ma la situazione mondiale e' cambiata'.


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il pensiero di berlusconi




Medvedev è l'altro "dono che Dio ha fatto al popolo russo", uno verso cui nutre "profonda stima ed amicizia", uno che sta facendo "grandi passi avanti" per la democrazia del suo Paese.






Berisha è un suo "grande vecchio amico", uno che parla un "italiano da televisione", e tra i due paesi s'è creato un "lungo e fruttuoso rapporto".


Chávez è un leader da "abbracciare calorosamente", uno intimo, uno con cui scherzare a telefono: "Carissssimoooo Hugo, ti passo una tuaammiratrice (Aida Yespica) che è qui con me ...".


Fidel Castro, tra i due c'è stima reciproca, tant'è che il leader cubano nel 1994 disse "Berlusconi è un grande politico ed il suo governo rappresenta una grande occasione per l'Italia".

Mugabe è uno che sì, vabbé, è fatto così, ma perché punire il suo regime?




Gheddafi è un leader contraddistinto da una "profonda saggezza", una persona "intelligentissima, altrimenti non sarebbe al potere da 40 anni", "un professionista super, che io a confronto sono un dilettante", uno che solo a vederlo ti viene spontaneo baciargli le mani, e chi lo critica è "prigioniero del passato", perché il Colonnello Libico è il vero "leader della libertà".

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la bontà di silvio
Nel suo ultimo videomessaggio ai promotori della Libertà, Berlusconi afferma che i soldi elargiti con generosità a giovani e avvenenti fanciulle sono solo un aiuto senza secondi fini per ragazze in difficoltà. Il ritornello è noto e lo ripetono incessantemente in questi giorni tutte le persone più vicine al premier. Ultima in ordine di tempo Sabina Began, “ape regina” delle feste chez Berlusconi. Qualcuno ci crede. Qualcun altro no. Sicuramente non ci crede la 36enne napoletana del quartiere di Pianura Maria Rosaria D’Angelo. Vedova da tre anni, con tre figli, di cui due con problemi di salute, la signora D’Angelo vive in un tugurio di periferia talmente umido che gli armadi non riescono a proteggere i vestiti dall’acqua, non ha lavoro e sbarca il lunario pulendo le abitazioni di qualche parente.

Nei mesi scorsi – come riferisce il Corriere del Mezzogiorno – la D’Angelo ha scritto cinque lettere a Silvio Berlusconi esponendole il suo stato e chiedendo una mano per trovare un impiego che le consentisse di vivere e mantenere dignitosamente la sua famiglia. Berlusconi le ha risposto attraverso il parlamentare Valentino Valentini. In altri tempi, la risposta in sè sarebbe già un traguardo. Ma non quando il premier, e tutti attorno a lui, dicono di non riuscire a trattenere la propria generosità. Del resto, il contenuto della lettera di Palazzo Chigi è molto lontano dall’immagine creata da Began – “Berlusconi ama aiutare tutti. In Thailandia, per esempio, ha fatto scuole e orfanotrofi. Io potrei portare tutta la lista per dimostrare che non ha aiutato solo le ragazze” – il premier, per bocca di Valentini si è limitato a dire: “Il presidente del Consiglio non può occuparsi di situazioni personali”. Segue invito a rivolgersi ai servizi sociali.

Scarica la risposta della presidenza del Consiglio



RUBYGATE

Il Cav alla guerra mediatica

Un summit ad Arcore prepara la strategia anti bunga bunga.
di Alessandro Da Rold

Un tempo gli incontri del lunedì ad Arcore erano dedicati agli appuntamenti istituzionali e politici, con il senatùr Umberto Bossi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ma in questi tempi dominati dallo scandalo Ruby, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha deciso di dedicare il pranzo e il pomeriggio del 17 gennaio 2011 a un problema più contingente e personale: come affrontare l'assalto mediatico sulle ragazze bunga bunga e sulle feste di villa San Martino ad Arcore.
LA STRATEGIA DI DIFESA. I proiettili diRepubblica e Corriere della Sera, lo spettro di Michele Santoro giovedì 20 gennaio suAnnozero, «devono essere arginati», è la parola d'ordine tra i corridoi di Cologno Monzese e Segrate, sedi dei colossi della comunicazione berlusconiana, Mediaset, Fininvest e Mondadori.
Per questo motivo lunedì scorso il Cavaliere, dopo il consueto pranzo con Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, in compagnia del fidato Pasquale Cannatelli e dei figli Piersilvio, Marina e Luigi, ha invitato per il caffè i massimi calibri dell'informazione di famiglia.
Tra questi, Alfonso Signorini, direttore di Chi e conduttore della trasmissione tivù Kalispera; Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale; Giorgio Mulè, direttore di Panorama, Mauro Crippa, direttore generale dell'informazione Mediaset, e Franco Currò direttore delle relazioni esterne di Fininvest.
IL METODO MESIANO. L'obiettivo è comune: i generali e i colonnelli di Mediaset e Mondadori tenteranno di disinnescare la bomba del bunga bunga spingendo da un lato sulla satira, dall'altro sulla messa all'indice dei pm della procura di Milano.
Una strategia che i critici definiscono non molto diversa dal cosiddetto 'metodo Boffo', la campagna delGiornale contro l'allora direttore di Avvenire. Ma che quando viene applicata ai magistrati si modifica leggermente e sembra più simile al caso di Raimondo Mesiano, il giudice dai calzini blu, come lo definìStudio Aperto nel pubblicare un servizio sul magistrato che aveva firmato l'indigesta sentenza sul lodo Mondadori.
Il fuoco mediatico berlusconiano ha cominciato così a mobilitare tutte le proprie forze per incrociare informazioni con prese di posizione che ammortizzino agli occhi dell'opinione pubblica la cosiddetta «satiriasi del Sultano».
E i primi effetti di questa complessa e articolata operazione si sono già visti in particolare mercoledì 19 gennaio: da Ruby Rubacuori da Signorini all'intervista del silenzioso Giuseppe Spinelli ai TgRai, fino al nuovo videomessaggio dello stesso Berlusconi ai promotori della libertà.

Marina arriva prima


L'offensiva mediatica di Berlusconi ha avuto inizio domenica 16 gennaio 2011, quando su consiglio della figlia Marina, da sempre la più ascoltata nei momenti di difficoltà, il Cavaliere ha deciso il discorso a reti unificate per spiegare le sue ragioni sul Rubygate. Facendo leva su tre punti principali: la fidanzata, l'amicizia con Emilio Fede e Lele Mora e l'accusa alla magistratura di non aver tollerato il voto di fiducia al governo il 14 dicembre 2010 e la salomonica decisione della Consulta sul legittimo impedimento.
Tre questioni che s'intrecciano con le carte e con la strategia mediatica di villa San Martino.
LA FIGLIA PREOCCUPATA. D'altra parte, la presidente di Fininvest era stata la prima a reagire all'indomani della notizia che il padre era indagato dalla procura di Milano per concussione e prostituzione minorile.
In un virgolettato concesso al Corriere della sera della stessa domenica 16 gennaio, Marina, che è solita rilasciare le proprie dichiarazioni nei momenti delicati al quotidiano di via Solferino, spiegava «di essere preoccupata per il preoccupante stato della democrazia, del rispetto e delle libertà individuali». In serata il padre ha pensato al resto.

Il Tapiro a Emilio Fede


Individuata la strategia comunicativa, a Mediaset sono già partiti in grande, con il programma di punta Striscia la notizia, di Antonio Ricci, che martedì 18 gennaio ha inviato Valerio Staffelli negli uffici del direttore del Tg4 Emillio Fede. Con molte risate di sottofondo.
«I soldi spartiti con Mora?», ha domandato l'uomo del Tapiro riferendosi a un prestito di 1,2 milioni di euro erogato dal premier e del quale al giornalista sarebbero arrivati 400 mila euro: «Non avevo i soldi per la pizzeria», rispondeva Fede, tra le caratteristiche finte risate.
Fede ha spiegato e ha fatto il simpatico con diverse battute. Striscia è uno dei programmi più visti. E lo ha confermato quella sera con il 26,3 % di share: più di 6 milioni di spettatori incollati al televisore per capire se veramente l'ex direttore di Studio Aperto è un traditore, un vero amico o un procacciatore di ragazze facili.
LIBERO CONTROCORRENTE. Il quotidiano Libero, di Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri, lontano dalle cene del lunedì ad Arcore, sulla faccenda Ruby sta invece tenendo tutta un'altra linea. Pubblicazione integrale degli atti e accuse spietate nei confronti di Fede, sbattuto in prima pagina sotto il titolo: «Amici e amiche, tutti lo hanno tradito».

L'ape regina: sono io bunga bunga


Di diverso avviso il Giornale del duo Sallusti-Daniela Santanchè, che ha puntato su «Gli italiani non ci cascano» snocciolando un sondaggio che darebbe Berlusconi ancora nelle grazie degli elettori di centrodestra.
Ma il pezzo forte sul quotidiano di via Negri è stato un altro. La coppia d'assalto Gian Marco Chiocchi e Massimo Malpica, celebre per avere indagato sull'appartamento di Montecarlo di Gianfranco Fini, mercoledì 19 gennaio ha prodotto un articolo su un giudice milanese che fu beccato in intimità in un cinema con un 14enne e poi fu assolto «perchè aveva battuto la testa».
PARLA SABINA BEGAN. Nello stesso pomeriggio, si è presentata davanti alle telecamere di SkyNews24 la cosiddetta 'ape regina', cioè l'attrice Sabina Began, grande protagonista delle serate ad Arcore. Con un toccante e sommesso intervento, ha preso le difese di Berlusconi dicendo di amarlo, di essere l'organizzatrice di alcune delle feste di cui si parla e negando che si sia mai trattato di orge.
Began, ha anche detto che 'bunga bunga' non è altro che il suo soprannome, un codice intimo fra lei e il Cavaliere, escludendo poi rapporti sessuali fra il presidente del consiglio e le minorenni Ruby e Noemi.

L'intervista di Spinelli

Il tesoriere del Cavaliere, da sempre silenzioso e poco avvezzo a discutere con i giornalisti, mercoledì 19 gennaio ha deciso invece di farsi ascoltare dalla Rai, con tanto di immagini video di repertorio mentre si avvia verso il palazzo di Giustizia di Milano.
NOI AIUTIAMO LE PERSONE «È una cosa gonfiata, molto più semplice di quello che sembra», ha detto il fiduciario delle fortune del Cavaliere, aggiungendo:  «Noi diamo aiuti a persone che hanno dei problemi. Uno che è di fuori lo capisco che non può saperlo. Non ha idea di quante persone abbiamo sempre aiutato».

Berlusconi di nuovo in video

Nella stessa giornata, in cui anche il direttore del Tg4 Emilio Fede ha deciso di ricorrere al deputato del Pdl Gaetano Pecorella per difendersi dai siti che hanno pubblicato interamente il plico sulle intercettazioni, il Cavaliere ha lanciato un nuovo messaggio ai promotori della libertà, a cui si era rivolto domenica 16 gennaio. Il premier ha confermato di 'non aver mai avuto rapporti sessuali con Karima El Marhoug', citando verbali della ragazza marocchina e contestando ai magistrati l'eccezione di competenza territoriale.
VORREI PRESENTARMI DAI GIUDICI «È gravissimo, ancora», ha annunciato, «che la Procura voglia continuare ad indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l’altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poiché il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza. Come vedete una serie di violazioni impressionanti. Io vorrei andare immediatamente dai giudici per contrastare queste accuse e per ottenere una rapida archiviazione, ma non posso presentarmi a dei pubblici ministeri che non hanno competenza né funzionale né territoriale, anche per non avallare la illegittimità che sto denunciando».

Il pink tank di Signorini


Mentre sul sito internet di Panorama non si fa alcun riferimento alla vicenda Ruby, Signorini, gran consigliere amato da Marina e stimato da Silvio, mercoledì 19 gennaio ha fatto il colpo con un'ospite d'eccezione: Ruby Rubacuori, al secolo Karima El Mahroug.
Il direttore di Chi è da sempre l'arma in più della comunicazione Fininvest, chiamato nei momenti più difficili in soccorso alla famiglia quando di mezzo ci sono vicende scomode.
Non solo. Signorini, oltre a essere l'addetto al rilancio dell'immagine di Berlusconi, è diventato anche uno spin doctor sul fronte politico, invitando nella sua trasmissione persone talvolta sgradite al Pdl come Italo Bocchino(leggi l'articolo).
Durante la registrazione a Canale 5 del programma Kalispera, la giovane marocchina ha tirato fuori il massimo del proprio repertorio di povera vittima dalla vita difficile, aiutata dal potente e disinteressato amico.
LA VERSIONE DI RUBY. «Sono stata violentata da due zii quando avevo nove anni», ha raccontato la ragazza al microfono commosso del direttore di Chi. «È accaduto quando vivevo ancora in Marocco. Non ho mai rivelato a nessuno questo episodio».
Solo la madre, a suo dire, era a conoscenza del terribile segreto mantenuto per dieci anni, per nasconderlo al padre. «La mamma mi diceva: non sei più vergine, papà ti ammazzerà. Ho fatto tanti sbagli nella mia vita, dopo questa vicenda ho cominciato a raccontare cavolate per costruire una vita parallela», ha insistito la giovamissima tra le lacrime, negando però di essere una prostituta.
Ha anche smentito di aver chiesto i famosi 5 milioni di euro al presidente del Consiglio contenuti nelle intercettazioni e ha sostenuto ancora una volta di non aver mai fatto sesso con il premier, che non l'avrebbe mai toccata.

Le foto della famiglia a Natale

Signorini aveva già suonato la controffensiva in un recente numero di Chi, con la fotografia del pranzo di Natale di famiglia in casa Berlusconi e aggiungendo il virgolettato: «Per la prima volta dopo la separazione di Veronica Lario il premier posa in queste immagini eccezionali con tutti i figli e i nipoti. Tra loro Lorenzo Mattia, il bambino di Pier Silvio e di Silvia Toffanin, che nessuno aveva ancora mai visto».
Del resto, se Striscia la Notizia intercetta quasi 7 milioni di telespettatori, Signorini con Kalisperanell'ultima puntata è arrivato a circa 3 milioni. E i due settimanali Sorrisi e Chi, insieme raggiungono quasi 1,3 milioni di copie diffuse secondo gli ultimi dati Ads.
Mercoledì, 19 Gennaio 2011


darina pavlovaLa magnate bulgara Darina Pavlova è una delle donne più ricche d’Europa: ex modella ed ex moglie del rampante finanziere Iliya Pavlov, ucciso da un sicario nel 2003. La donna, soprannominata “La Dama”, si reputa sia stata ospite, oltre alle veline e alle escort, di Villa Certosa, la residenza in Sardegna del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, come riportano i nostri cugini di GossipBlog.
La Dama ha ereditato dal marito ucciso un enorme impero finanziario, che va oltre i confini della Bulgaria. Lei aveva gestito soltanto un’agenzia di modelle, ma è andata poi a capo di diversi tipi di società, dall’alimentare alle banche, dall’energia al turismo, con la Holding Multigroup, ribattezzata MG corporation. Rimangono, dopo liquidazioni e cessioni, hotel di lusso sul Mar Nero e proprietà immobiliari negli Stati Uniti, a renderla multimilionaria.



Nicole, Roberta e le altre: chi è la Silvio girl? - Berlusconi, nicole minetti, fracensca pascale, federica gagliardi, cristina ravot - Libero-News.it


Posted: 24 Dec 2010 07:25 AM PST

Tutte le leggi che sono state definite ad personam non le ho proposte io: sono sempre state proposte dalla preoccupazione dei miei colleghi di governo, dai miei alleati, e dai miei avvocati, come l'avvocato Ghedini, che è anche parlamentare ... Io ho sempre escluso provvedimenti come il legittimo impedimento, ho sempre tentato di fermarle, anche in Parlamento, le leggi ad personam.


Presidente del Consiglio Berlusconi,
conferenza stampa di fine anno.


tutti gli uomini del presidente  i dubbi

licenziata la minetti






una telefonata ti allunga la vita






     

Barzelletta su Berlusconi via mail: consigliere del Pdl rischia l'espulsione



    

 18/10/10




Altroché Arner Bank, altroché Antigua! Il vero ordigno della prima puntata di Report è esploso con la pubblicazione di questo documento: la carta d'identità del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ecco il servizio. No, non è uno scherzo. No, non è un fotomontaggio.

Ma veniamo a noi. Oltre ad aver taroccato i dati su altezza (1.70?) e colore dei capelli(castani?), che vabbè, non è che ci sorprenda poi molto, scopriamo pure un'altra particolarità: il nostro beneamato Premier risulta residente in viale San Gimignano, a Milano, nell'abitazione che fu di Mamma Rosa. "Chissà perché un uomo sposato da 20 anni e domiciliato ad Arcore ha deciso di mantenere la residenza in una periferia di palazzoni", si sono chiesti i giornalisti di Report. In effetti un po' strano lo è ... Chissà poi che diranno Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro: eh già, dovete sapere che quei 2 hanno canzonato per settimane il povero Gianfranco Fini, colpevole di rientrare nello stato di famiglia del "clan Tulliani", con prole, suoceri e consorte. Ma ritorniamo al documento. Stato civile? Zero, niente, una linea tratteggiata, e sì che nel 2003 gli scandali Noemi/D'Addario erano ancora lontani, ed il Cavaliere risultava (ufficialmente e felicemente) bello che sposato con Veronica Lario ... Professione? Imprenditore. Avrebbe potuto rispondere anche "faccio il Presidente del Consiglio di un grande Paese occidentale", ma vabbè, sò dettagli, tipo i secondi lavoretti in nero. Ecco appunto, ora che ci penso forse questo è l'unico dato autentico di tutto il documento. Lui fa l'imprenditore. E quella Foto? Sarà mica quella che compare in milioni di tessere e libri e cartelloni e spot e manifesti elettorali? Roba che se faccio io una cosa del genere finisco diritto in Questura. Un'ultima chicca: segni particolari, nessuno. Beh, oddio, lasciare campo libero mi sembra un tantinello ingeneroso. Magari nel 2013 glieli ricordiamo noi, i suoi segni particolari. leggi



Berlusconi, “Operazione Antigua”
antigua secondo i vanzina

Le ville e quegli affari off-shore
Milano, Lugano, Caraibi: triangolo da 20 milioni, passati attraverso la Banca Arner. Ignorate le norme antiriciclaggio: L’istituto di credito svizzero è al centro di un’inchiesta delle procure di MIlano e Palermo
dal nostro inviato WALTER GALBIATI
Berlusconi, “Operazione Antigua” Le ville e quegli affari off-shore La villa di Berlusconi ad Antigua, detta “Il Castello”
ANTIGUA – È il 20 settembre 2007 quando al Land register di Saint John, la capitale di Antigua, si presenta il signor Silvio Berlusconi. Con una riga il funzionario di turno cancella dal registro la società Flat Point e trasferisce la proprietà di un terreno di poco più di quattro acri all’illustre cittadino italiano. L’appezzamento si trova dalla parte opposta dell’isola. È una porzione di collina che scende fino al mare dove si apre una spiaggia di sabbia bianca, finissima. Gli abitanti di Willikies, un paesino che sorge lì vicino, la chiamano Pastrum, perché lì portavano a pascolare i loro animali. Non ne mancano nemmeno di selvatici, soprattutto scimmie. Da almeno quindici anni quei posti sono recintati. “È da molto tempo che questa costa è al centro di un progetto immobiliare, ma i lavori sono iniziati solo negli ultimi anni” spiega Hugenes, un pescatore del luogo. La baia si chiama Nonsuch Bay e va da un lembo di terra che quasi tocca la vicina Green Island, un paradiso meta delle gite dei turisti, a Flat Point, una punta piatta coperta da vegetazione caraibica. E Flat Point Devolopment Limited si chiama la società che si è presa in carico i terreni con l’obiettivo di sviluppare un imponente progetto turistico. Qui sorgerà, e in parte è già nato, l’Emerald Cove, un resort che nel nome riecheggia la nostra Costa Smeralda, il tratto di Sardegna, patria dei vip, e disegnata in gran parte dall’architetto Gianni Gamondi, l’architetto di Villa Certosa, la residenza sarda di Silvio Berlusconi, lo stesso architetto che curerà lo sviluppo per Flat Point.
Qualche tempo fa, era stato il gruppo Maltauro, una famiglia di costruttori vicentini a mettere gli occhi su Nonsuch Bay, ma non se ne fece mai nulla. Poi improvvisamente è arrivata la Flat Point, nel 2005 la macchina si è messa in moto, le pratiche si sono sbloccate e le case sono iniziate a crescere come funghi, una dietro l’altra, l’obiettivo è arrivare ad averne un centinaio. I reali beneficiari economici, tuttavia, si celano dietro una ragnatela di società schermate, una cortina offshore, che forse qui nel paradiso fiscale di Antigua non appare certo tanto esotica, ma che diventa tale in Italia, dove la società raccoglie la maggior parte dei suoi capitali. La sede della Flat Point è al 26 di Cross Street a St. John, il capitale è interamente controllato dalla Emerald Cove Engineering Nv, una società di Curacao (nelle Antille Olandesi, poste poco più a Nord di Antigua), a sua volta controllata dalla Kappomar sempre di Curacao. L’amministratore della Flat Point è Giuseppe Cappanera, mentre i fiduciari delle holding sono Carlo Postizzi, Giuseppe Poggioli e Flavio De Paulis. I primi sono rispettivamente un avvocato e un fiduciario che si muovono tra la Svizzera e l’Italia, mentre il terzo è un dipendente di Banca Arner. Di chi facciano gli interessi è un mistero, ma il coinvolgimento della banca elvetica, già commissariata e al centro di un inchiesta per riciclaggio delle procure di Milano e Palermo, getta qualche spiraglio di luce almeno su chi abbia convogliato del gran denaro verso la Flat Point.
Dal bilancio 2005 della società, emerge che Banca Arner ha finanziato per 6 milioni di dollari caraibici (circa 1,6 milioni di euro al cambio attuale) l’operazione sulla costa di Nonsuch Bay, ma il principale sponsor della scatola offshore sembra essere, come ricostruito da Banca d’Italia, il premier Silvio Berlusconi, da sempre legato a Banca Arner, non solo attraverso uno dei suoi storici fondatori Paolo Del Bue, ma anche per i suoi depositi nella sede di Corso Venezia a Milano: il conto numero uno è suo, mentre altri fanno capo alle holding della sua famiglia (per un totale di 50 milioni di euro) o a uomini del suo entourage.
Dai conti personali di Berlusconi accesi presso Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena sono partiti ingenti bonifici verso un conto di Flat Point aperto proprio presso la sede milanese di Banca Arner, la quale a sua volta ha girato gli stessi corrispettivi alla sede di Lugano. Oltre 1,7 milioni nel 2005, altri 300mila nel 2006, ma è nel 2007, l’anno in cui avviene il passaggio di proprietà del terreno di Nonsuch Bay che i movimenti di denaro salgono alle stelle. In tutto oltre 13 milioni di euro: a ridosso del 20 settembre, la data dell’atto del Land register, esattamente il 10 di quel mese, passano da Milano a Lugano 1,7 milioni di euro e un mese dopo altri 3,6 milioni. Nel 2008 ancora più di 6 milioni prendono il volo per la Svizzera. Un mare di soldi che si muovono, però, senza una corrispondenza tra le somme scritte nei contratti ufficiali depositati dalla Flat Point in banca e i bonifici. Gli importi appaiono molto elevati rispetto a quanto vi è di ufficiale. Nel bilancio della Flat Point i 29 acri di terreno su cui sorge lo sviluppo immobiliare sono stati iscritti per un valore di 2,7 milioni di dollari caraibici (poco più di 700mila euro), così come attestato dalla perizia del 2004 di Oliver F. G. Davis, un esperto immobiliare. Molto meno di quanto versato dai conti del premier. Berlusconi da solo muove oltre 20 milioni di euro e dai registri risulta aver acquistato solo 4 acri di terreno.
Rimane ambiguo anche il motivo per cui l’istituto elvetico abbia fatto passare quei soldi da Milano a Lugano senza bollare come sospetto il traffico di valuta. La normativa antiriciclaggio di Banca di Italia impone di segnalare i movimenti di denaro verso l’estero, soprattutto verso i Paesi offshore come la Svizzera, ma Banca Arner non se ne è mai curata. Di certo, però, ad Antigua i soldi in qualche modo devono essere arrivati, visto che le ville ci sono. Quella di Silvio Berlusconi spunta in cima alla collina, i pescatori la chiamano “il Castello” per la sua imponenza e per come domina dall’alto la zona. A fianco si trova quella di Andrij Shevchenko, l’ex calciatore del Milan e pupillo del premier. Poco più in là sorge quella di Lester Bird, l’ex primo ministro di Antigua, in carica fino al 2004, citato l’anno successivo in una causa legale per aver svenduto dei terreni dello Stato a dei gruppi privati. Al suo successore, Baldwin Spencer, Berlusconi aveva promesso di impegnarsi personalmente per aiutare la piccola isola caraibica a ridurre il debito internazionale.





















Presidente georgiano: “Berlusconi non mi 
ha mai salvato la vita, come dice”... 
Silvio triste, solitario y final









Se un uomo anziano e stanco riesce ancora a far incazzare gli ebrei, i cattolici, le donne e i magistrati nel volgere di qualche ora significa che dietro il cerone sopravvive il guizzo del vecchio ...



la fine del regime ...continua  povero silvio...











 

Un  Paese al comando del capo che, per raggiungere il suo obiettivo, spegnere una trasmissione
televisiva non gradita, passa le sue giornate a telefonare a destra e a manca, a generali dei
carabinieri e a commissari di Authority indipendenti come il nostro trentino Giancarlo Innocenzi,
sbraitando ordini a tutto spiano, pur di spegnere Santoro o Ballarò, o la satira della Dandini. Il
«piano di Rinascita» di Licio Gelli prevedeva «la costituzione di un club» ove fossero rappresentati
gruppi ristretti di persone «omogenee per modo di sentire» a cui affidare la realizzazione del piano.
Persone da inserire all'interno delle istituzioni e da dentro sovvertire l'ordinamento democratico. Al
di là del fatto che in Parlamento oggi siedono molte delle tessere P2 dell'elenco sequestrato
trent'anni fa (a cominciare dal premier Silvio Berlusconi, tessera 1816, e dal capogruppo alla
Camera del Popolo della Liberta, onorevole Fabrizio Cicchitto, tessera 2232), è la sostituzione del
principio di fedeltà alla Costituzione e alla Repubblica con quello di fedeltà al capo che dà
attuazione al piano di Licio Gelli. Un altro punto centrale del progetto della P2 era quello di
«dissolvere la Rai tv». Su questo l'obiettivo raggiunto è plateale. Non solo direttori del Tg1
rispondono a comando (così si evince dalle intercettazioni dell'inchiesta di Trani) ai diktat del capo,
ma addirittura (cosa mai successa nella storia) vengono spente tutte le trasmissioni televisive della
Tv di Stato che parlano di politica nelle settimane precedenti le elezioni. Già la Rai non esisteva più
da lungo tempo come servizio pubblico, ora è stata definitivamente imbavagliata e umiliata,
costringendo chi paga il canone ad andare sul satellite e abbonarsi a Sky per essere informato.
Anche su questo fronte, il piano di Gelli è stato totalmente realizzato. Fondamentale degli obiettivi
della P2 era poi il «ridisegno dell'ordinamento giudiziario», al fine di indebolire i magistrati e il loro
ruolo, svuotarne la funzione inquirente, separare le carriere e portare progressivamente sotto il
controllo politico l'azione dei pubblici ministeri, in modo da stabilire per via politica i reati da
perseguire e quelli da ignorare. Le decine di cosiddette «riforme della Giustizia» varate negli ultimi
quindici anni hanno in gran parte raggiunto l'obiettivo di rendere imperseguibile la giustizia in
Italia, risultando quasi impossibile giungere a sentenza passata in giudicato, e affidando ogni
speranza dell'imputato alla prescrizione invece che all'assoluzione. Ora la soluzione finale,
quotidianamente riproposta dagli avvocati del capo, è rendere i magistrati del tutto inoffensivi e
impossibilitati a svolgere il loro compito, riducendo i pubblici ministeri ad «avvocati dell'accusa», e
non più in grado di svolgere indagini per accertare reati. Infine, il presidenzialismo, la possibilità
del capo di appellarsi direttamente alle folle per realizzare i suoi intenti, senza alcun bilanciamento
o controllo. Insomma, l'appello diretto ai descamisados dalla Casa Rosada, senza partiti, istituzioni,
corti costituzionali, quirinali, magistratura, ma solo il gran megafono della televisione, totalmente a
disposizione. Su questo «il maestro venerabile» nella sua ultima intervista a Klaus Davi del
dicembre 2008 è stato chiarissimo: «In Italia c'è bisogno di una Repubblica presidenziale, e nel mio
piano di rinascita la prevedevo». E poco prima aveva dichiarato: «L'unico che in Italia può
realizzare il mio piano di Rinascita è Silvio Berlusconi». Forse in buona parte c'è già riuscito.
Manca il presidenzialismo. Ma proprio ieri il presidente del consiglio ha dichiarato che ormai ci
siamo. p.giovanetti@ladige.it
















    In un'intervista a Carlo Lucarelli del 2008, Licio Gelli, ex Gran Maestro di una loggia massonica segreta denominata «P2», disse: «Sono soddisfatto dell'attuale governo, perché sta facendo quello che io ho detto e scritto anni fa». Il programma di Gelli, che lui definì «Piano di Rinascita Democratica» doveva avviluppare la società italiana in un sistema autoritario per «rivitalizzare il sistema», attraverso la modifica dall'alto di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dalla burocrazia ai partiti politici, dalla stampa alla magistratura, dai sindacati alla scuola. Questo programma fu scoperto in un doppiofondo di una valigia della figlia del «Gran Maestro», Maria Grazia Gell, assieme ad altri documenti che furono consegnati alla commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica «P2». Umberto Bossi, allora, definì la P2 come forza nata per tutelare gli interessi del grande capitale contro il potere politico e dei corpi dello stato. Nell'era Gelli, che va grosso modo dagli anni Settanta agli anni Novanta del secolo appena passato, accadono omicidi come quello del banchiere Sindona, avvelenato in carcere da una tazza di caffè, quello dell'avvocato Ambrosoli, che aveva avuto il torto di scoprire troppe cose illegali, quello di Mino Pecorelli, un giornalista che chiacchierava troppo. Non parlano invece più il colonnello delle Fiamme Gialle che indagò su Gelli, suicidatosi nel 1981, e il suo superiore, generale Salvatore Florio, morto in uno strano incidente automobilistico nel 1979. Tutta la strategia della tensione di quegli anni si articola nell'ombra dell'influenza di Gelli, come la strage dell'Italicus (una bomba piazzata su un treno), quella di piazza Fontana a Milano (una bomba nella Banca dell'Agricoltura), della stazione di Bologna (un ordigno in una sala d'aspetto), e la strage nella piazza di Brescia (una bomba che esplode in un cestino dei rifiuti), delitti mai completamente chiariti dalla giustizia. Ci fu anche un incredibile e inimmaginabile discorso alla Camera di un deputato socialista, tale Bettino Craxi, che descriveva la «disperazione delle vittime», cioè dei fratelli massonici inquisiti dalla magistratura per tentato colpo di stato. Nella «P2» militavano fra altri Silvio Berlusconi, fratello massonico numero 1816, Maurizio Costanzo, tessera 1818 , Roberto Gervaso, tessera numero 1813, Mino Pecorelli, tessera numero 1750, Fabrizio Cicchitto, tessera numero 2232, Publio Fiori, tessera numero 1878, Gustavo Selva, tessera numero 1814, il consigliere e collaboratore di Cossiga, Federico D'Amato, i generali Ferracuti, Guccione, Grassini, Santovito, Siracusano, Torrisi, Walter Pelosi, assieme a molti altri meno conosciuti, e ultimo nell'elenco, ma non d'importanza, il generale Donato Lo Prete, capo della Guardia di Finanza . «Il Piano» di Gelli si articolava nei seguenti modi: prevedeva la presenza due soli partiti in parlamento, uno di sinistra con Pci e socialisti, e uno di destra, con i Dc, i liberali e fascisti di varia sfumatura. Prevedeva anche un ente di controllo sulla stampa, nonché lo smantellamento della Rai, la televisione statale, a favore delle televisioni private. Il «Piano» comprendeva una riforma del mondo sindacale, con l'esclusione della Cgil. Abolendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, si sosteneva che ciò avrebbe agevolato l'occupazione. La riforma della magistratura si doveva attuare con una modifica del ruolo del pubblico ministero e aboliva il peso e l'influenza del Consiglio Superiore della Magistratura. Era prevista la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e quelli giudicanti, e si stabilivano criteri di selezione per la promozione dei magistrati. Si metteva in conto anche la riduzione del numero dei parlamentari. I poteri del presidente della Repubblica andavano ridimensionati e il comando delle forze armate passava nelle mani del ministro dell'interno. Saltano all'occhio, oggi, le analogie e le somiglianze tra il piano di Gelli ed il governo Berlusconi, con gli stessi progetti e con la presenza di molti uomini, che allora furono tra gli inquisiti. Gelli e Berlusconi si ispiravano e si ispirano entrambi all'ideale di Peron (peraltro amico di Gelli) per una repubblica populista come quella argentina. E salta anche purtroppo all'occhio la debolezza delle opposizioni.
richiesta di ampliamento per villa la certosa















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12 | Postato da imahfu | 31/07/2010 alle 16.35 

perche' si circonda di costoro ?










Previti, Dell'Utri, Bertolaso, Tarantino, Caliendo, Briatore ecc...? Costui fu condannato in primo grado ad 1 anno e 6 mesi a Bergamo e a 3 anni a Milano. Fu accusato infatti di essere a capo di quello che i giudici chiamarono il gruppo di Milano che aveva il delicato compito di agganciare clienti di fascia alta e di truffarli. L'attività si interruppe con una retata, una serie di arresti, un'inchiesta giudiziaria ed un paio di processi che coinvolsero tra gli altri l'amico Emilio Fede, assolto per insufficienza di prove. A cadere nella rete furono alcuni nomi importanti tra cui il cantante Pupo, l'armatore Sergio Leone, l'ex vicepresidente di Confindustria Renato Buoncristiani e l'ex presidente di Confagricoltura Giandomenico Serra. Briatore non fece un solo giorno di carcere poiché si rifugiò per tempo a Saint Thomas, nelle Isole Vergini, per poi tornare in Italia dopo un'amnistia. Alle nozze di Briatore c'era Berlusconi.

La banda e il bandolo

Postasto su libero 31/09/10

Che Berlusconi, diciotto anni fa, scese in campo per salvare se stesso dalla giustizia e le sue aziende dal fallimento non è un malevolo sospetto, ma un dato storico confermato da alcuni tra i suoi più autorevoli amici e sostenitori. Resta scolpita sul granito la confessione di Fedele Confalonieri in un'ormai storica intervista a Repubblica: «La verità è che, se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l'accusa di mafia». Ecco a cosa serve la memoria: consente di orientarsi nelle situazioni confuse e di trovare il bandolo della matassa. Nel caso del nostro premier il bandolo è sempre quello e ricompare puntualmente nei momenti cruciali. Dunque anche ora che il suo partito di plastica, dopo appena un anno e mezzo dalla fondazione, si è rotto. A quanto pare è furente. Il ministro della Guerra Ignazio La Russa gli aveva assicurato che i "finiani" si contavano sulle dita di due mani e, pochi minuti dopo averli cacciati, ha scoperto che erano il triplo. È fuori di sé il premier non solo per l'errore nei conti, ma anche perché la possibilità di rovesciare il tavolo ed arrivare in tempi rapidi a elezioni anticipate (da condurre senza risparmio di mezzi economici, dossieristici e televisivi per realizzare il colpo di mano presidenzialista) appare lontana. Mentre è abbastanza vicino l'autunno quando, assieme alle foglie, potrebbe cadere anche il legittimo impedimento. Sì, il bandolo della matassa berlusconiana è sempre quello: la paura dei giudici e della giustizia. Con una terribile complicazione in più. Che se fino a poco tempo fa poteva contare sul sostegno di Fini - il quale dovrà un giorno spiegare come si concilia il suo discorso di ieri con quelli dell'altro ieri - adesso si ritrova solo con la Lega (ma per quanto tempo gli elettori di Bossi potranno sopportare?) e con una compagnia di fedelissimi che si chiamano Denis Verdini e Nicola Cosentino. Oltre all'imbarazzantissimo, ma imprescindibile, Marcello Dell'Utri. Ne vedremo delle belle. Nell'entourage di Berlusconi c'è molta preoccupazione. I più saggi tra i suoi consiglieri, quelli che avevano tentato fino all'ultimo di convincerlo a non usare il pugno di ferro contro Fini, adesso temono che martedì prossimo al Senato pronunci un discorso incendiario ed eversivo sulla giustizia. E che sveli ulteriormente, se ancora ce ne fosse bisogno, le tremende preoccupazioni che lo muovono.

La vera storia della Villa di Arcore

di Davide Villa
Massimo Minorenti ha 25 anni quando viene ammazzato a colpi di Browning 20, in un elegante appartamento in via Puccini, ai Parioli. Ucciso mentre faceva all’amore con Anna Fallarino, bella quarantunenne, piacente e licenziosa. Anna era la moglie del Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino. Fu lui l’autore del duplice omicidio, e si tolse la vita immediatamente dopo. Le indagini non furono complesse: delitto passionale. Ma i risvolti furono del tutto particolari. Emersero centinaia di foto osè della bella moglie del Marchese. E un diario. Sul quale Camillo Casati Stampa annotava dettagliatamente luoghi, descrizioni e partecipanti di incontri sessuali con la sua donna, cui lui assisteva accondiscendente, silenzioso e voyeurista.
“…siamo stati sul litorale di Fiumicino, in molti la guardavano. Abbiamo scelto un giovane. E’ stato appagante. Lo abbiamo ricompensato con trentamila lire…”


Anna Fallarino
Anna Fallarino
Ma l’uomo non riuscì ad accettare l’idea che la sua donna si fosse innamorata di un compagno di giochi. Scoprì il tradimento “platonico” più che della carne. Lì pedinò. E quando li sorprese li uccise entrambi, senza farli neppure rivestire, con almeno 5 colpi di fucile. Era la notte del 30 agosto 1970. La stampa rosa impazzì. E con essa centinaia di migliaia di italiani che intendevano conoscere ogni minimo, pur turpe, particolare.
Stabilito attraverso la medicina legale, nonostante fosse evidente, che a morire per ultimo fu proprio il Marchese, l’immensa eredità della famiglia Casati Stampa passò alla figlia di primo letto del Marchese, Anna Maria Casati Stampa, allora diciottenne, figlia di Letizia Izzo. La ragazza, che per la legge italiana di allora era ancora minorenne, viene affidata ad un tutore nella persona dell’avvocato Giorgio Bergamasco, senatore e membro della direzione nazionale del Partito Liberale Italiano. Pro-tutore fu nominato Cesare Previti, 35 anni, avvocato, militante dell’M.S.I. Due anni più tardi Giorgio Bergamasco fu nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti, e Cesare Previti divenne ad un tempo tutore e avvocato della giovane orfana che, ormai ventenne, si era sposata nel frattempo con il  Conte Pierdonato Donà dalle Rose, e si era trasferita a Brasilia. Più tardi la ragazza si sarebbe svincolata anche dalla tutela giuridica, pur mantenendo Previti come suo avvocato.
Il bene forse di maggior valore dell’eredità del Marchese Casati Stampa, era Villa San Martino. Una residenza in Brianza di 3500 mq, con una pinacoteca che ospitava opere del Quattrocento e Cinquecento e una biblioteca con circa 10.000 volumi antichi. Un parco immenso e maestoso, scuderie e piscine completavano il quadro di una tenuta storica che aveva ospitato più volte, tra gli altri, anche Benedetto Croce. Inestimabili i valori contenuti nella Villa, di per sè di valore inestimabile.


La Villa di Arcore
La Villa di Arcore
Nel 1973, pressata da esigenze economiche, Anna Maria cede alle insistenze dell’avvocato Cesare Previti, e decide di mettere in vendita la villa, dando la specifica disposizione di non vendere, assime alla tenuta, anche le opere d’arte e i volumi della biblioteca. Il rampante Silvio Berlusconi, allora niente più che un giovane imprenditore milanese, si fece avanti, offrendo l’irrisoria cifra di 500 milioni di Lire (nel 1973), dilazionati, in forma di titoli azionari di una società neppure quotata in borsa,  la Edilnord s.a.s. La transazione andò a buon fine, anche grazie alle pressioni di Previti. Berlusconi ottenne una residenza il cui valore era stato stimato, in sede notarile durante le procedure per l’eredità, in un miliardo e settecento milioni di Lire (nel 1970). Tra l’altro i titoli azionari sarebbero stati monetizzati dalla Contessa solo qualche anno più tardi, al 50% del loro valore, dallo stesso Berlusconi, che quindi sborsò, per la fantastica residenza di Villa San Martino, 250 milioni di lire. Contestualmente furono cedute, nella stessa transazione, e quindi alla medesima cifra, tutte le opere d’arte e i libri della Villa, contrariamente a quanto esplicitamente richiesto da Anna Maria. Nel ruolo di bibliotecario Berlusconi assume  Marcello dell’Utri, e come scudiere Vittorio Mangano, criminale italiano pluriomicida legato a Cosa Nostra.
La residenza di Arcore viene giudicata, agli inizi degli anni ’80, garanzia sufficiente alle banche per elargire un prestito di 7.300.000.000 di Lire. Denaro con il quale Berlusconi avrebbe ultimato la costruzione di Milano 2 e Milano 3 e avrebbe intrapreso la sua scalata imprenditoriale sia al gruppo Mondadori. Senza dimenticare che i primi anni ’80 sono quelli durante i quali Canale 5 inizia a trasmette a livello nazionale (contravvenendo a quanto prescritto dalle leggi dell’epoca, secondo le quali le televisioni private non potevano trasmettere a livello nazionale), mentre Italia 1 e Rete 4 vengono rilevate e inserite nel gruppo Fininvest, che si allarga a macchia d’olio, fondando televisioni private in Francia, Germania, Spagna. Ma questa è un’altra storia.
Grazie a: Wikipedia, Milanoggi, Hit Parade Italia, Hudginsauctions, Pagine 70
Bibliografia: Giovanni Ruggeri – Berlusconi. Gli affari del Presidente. Kaos edizioni, 1994.

'Mio marito Bondi mi picchiava'

di Adriano Botta
Le botte. I tradimenti in pubblico. Le inadempienze col figlio. E la brama di potere indifferente a qualsiasi ideologia. Sono le accuse dell'ex moglie, in  un'intervista rilasciata a un settimanale rosa
(29 luglio 2010)
Sandro Bondi Sandro BondiIl ministro della Cultura Sandro Bondi "è un uomo che ha sempre cercato solo il potere. Se glielo avessero offerto a sinistra, sarebbe tornato lì". Ma è anche una persona con problemi psicologici, "per tutta la vita succube dei genitori e adesso della nuova compagna" (la deputata del Pdl Manuela Repetti) dopo essere stato un marito infedele e violento, oltre che (tuttora) un padre assente.


A lanciare queste accuse in un'intervista alla giornalista Marianna Aprile di 'Novella 2000' è l'ex moglie del ministro, Maria Gabriella Podestà, 52 anni, che si è sposata con Bondi nel '94 (ma erano compagni di classe molti anni prima, a Villafranca, in Lunigiana) e da cui si è da poco separata legalmente, ancora in attesa di divorzio.


'Sono incazzata nera', premette l'ex signora Bondi all'inizio della chiacchierata e il seguito, in effetti, dimostra che è vero.


Secondo la Podestà, nei primi anni Bondi è stato un buon marito, anche se per diverso tempo si sarebbe fatto mantenere da lei non avendo uno stipendio. Poi, qualche anno dopo, la svolta, che secondo l'ex moglie coincide con il trasferimento ad Arcore, quando Bondi decide di votarsi a Berlusconi. Da quel giorno, dice la Podestà, "mi metteva sotto il naso indizi di storie coniugali, come gli scontrini dello Chanel numero 5 che regalava alle sue amiche". Fino al momento in cui avrebbe addirittura portato la moglie in vacanza a casa di una sua amante, con tanto di tradimento notturno scoperto in flagranza.


Dall'autunno del 1998, secondo l'ex moglie del ministro, le cose sarebbero precipitate, con tanto di violenze domestiche, schiaffi e punizioni.


Successivamente, dice la Podestà, Bondi avrebbe addirittura avuto di fatto due vite parallele: una a Roma con la Repetti e "una con noi nel week end, quando faceva finta di stare nella famigliola modello, perché lui vuole dare sempre un'immagine perfetta di sè".


Infine, il capitolo del figlio che Podestà e Bondi hanno avuto prima della rottura: secondo l'ex moglie, il ministro l'avrebbe sempre trascurato ed è inadempiente anche dal punto di vista legale, perché ignorerebbe i termini di frequentazione stabiliti in sede di separazione. Sempre secondo la Podestà, al momento sono oltre due mesi che Bondi non vede il figlio e si farebbe vivo solo con qualche sms.


Per quanto riguarda l'attività politica del marito, Podestà parla di un uomo interessato solo al potere ("lo ha sempre cercato"), che vive in una totale sudditanza verso Berlusconi ("Per questo mi aveva portato a vivere in quell'orribile appartamento di Arcore") e gelosissimo di Maria Vittoria Brambilla, al punto da cadere in depressione quando si era parlato di lei come coordinatrice di Forza Italia. Tuttavia, secondo l'ex moglie, in Bondi non ci sarebbe alcun ideale, perché "se gli avessero offerto il potere quelli di sinistra sarebbe ritornato lì". Infine, una nota velenosa anche sulle poesie di cui il ministro è autore: "Non sono spontanee e non mi sono mai piaciute...".


- Cicchitto Fabrizio (tessera n.2232): Laureato in Giurisprudenza esordisce come deputato(VII legislatura) e senatore(XI legislatura) del PSI,passa prima a Forza Italia(XIV e XV legislatura) per poi confluire nel Popolo della Libertà(XVI legislatura) di cui ne è il Capogruppo alla Camera. Editorialista de Il Giornale. 



Dio è con Silvio leggi






































F
amiglia Cristiana torna a indossare i guantoni da box e sferra altri pesanti cazzotti contro il Governo e, soprattutto, Silvio Berlusconi.
Sul prossimo numero del settimanale cattolico, in edicola domani, spiccherà un editoriale firmato da Beppe del Colle e intitolato "Il Cavaliere rampante e la Costituzione dimezzata": tema del pezzo i modi "incostituzionali" del Primo ministro.leggi aricolo completo










Bossi prigioniero di Silvio




































«Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui - continua la giornalista - ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità - rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti - probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà - continua la Sapori - ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca - continua la Sapori - chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani - spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher - ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo - taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate». (fonte il riformista 25/08/10)leggi













Il bon ton con gli avversari – “Veltroni è un coglione” (Berlusconi, 3/9/95). “Veltroni è un miserabile” (Berlusconi, 4/4/2000). “Giuliano Amato, l’utile idiota che siede a Palazzo Chigi” (Berlusconi, 21/4/2000). “Prodi? Un leader d’accatto (Berlusconi, 22/2/95). “La Bindi e Prodi sono come i ladri di Pisa: litigano di giorno per rubare di notte” (Berlusconi, 29/9/96). “Prodi è la maschera dei comunisti” (Berlusconi, 22/5/2003). “Prodi è un gran bugiardo pericoloso per tutti noi” (Berlusconi, 21/10/2006). “Prima delle elezioni ho potuto incontrare due sole volte in tv il mio avversario, e con soli due minuti e mezzo per rispondere alle domande del giornalista e alle stronzate che diceva Prodi”. (Berlusconi alla scuola di formazione politica di Forza Italia, 2 luglio 2007).”Con Prodi a Palazzo Chigi è giusto dire: piove governo ladro” (Berlusconi, 10/4/2008). “Il centrosinistra? Mentecatti, miserabili alla canna del gas” (Berlusconi, 4/4/2000).”Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò” (inaugurando la presidenza italiana dell’Unione europea e rispondendo a una domanda del capogruppo socialdemocratico, il tedesco Martin Schulz, sul conflitto d’interessi, 2 luglio 2003). “Sono in politica perché il Bene prevalga sul Male. Se la sinistra andasse al governo l’esito sarebbe questo: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo (Berlusconi, 17/1/2005).

Il rispetto per gli elettori - “Lei ha una bella faccia da stronza!” (alla signora riminese Anna Galli, che lo contestava, 24/7/ 2003).“Non credo che gli elettori siano così stupidi da affidarsi a gente come D’Alema e Fassino, a chi ha una complicità morale con chi ha fatto i più gravi crimini come il compagno Pol Pot” (Berlusconi, 14 dicembre 2005). “Ho troppa stima dell’intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse” (discorso di Berlusconi davanti alla Confcommercio il 4/4/2006). “Le nostre tre “I”: inglese, Internet, imprese. Quelle dell’Ulivo: insulto, insulto e insulto” (27/5/2004).